18 Jul L’esperienza del confine
Voglio trattare sinteticamente il concetto di confine in riferimento al nostro campo di coscienza e al modo in cui il nostro sistema nervoso reagisce alla percezione della vicinanza/lontananza in termini di sicurezza/pericolo. La qualità della neurocezione si costituisce nell’infanza.
Diverse sono le variabili che predispongono ad uno squilibrio percettivo:
- genitori invadenti;
- madri simbiotiche;
- il non saper toccare/accarezzare del caregiver di riferimento;
- deficit o eccesso nell’accudimento ( per esempio un biberon dato come un tappo)
Tutte le più importanti esperienze costitutive riguardano l’esperienza di confine.
La risposta motoria ed emotiva che diamo al contatto con l’altro ripete “in loop il modo in cui siamo stati toccati.
Pensiamo alla reazione di ritiro dello psicotico in relazione ad una paura non reale nel qui ed ora. Oppure, all’opposto, alla tendenza a non proteggersi abbastanza in presenza di una rimozione della paura.
Sono entrambi importanti alterazioni della percezione del confine, all’estremo di un continuum che, nella persona sana, viene percorso in modo flessibile. Il confine, inteso come limite del mio spazio da salvaguardare e, all’occorrenza, difendere, deve essere presente nella vita di relazione, come ambito nel quale è possibile un movimento verso il mondo/via dal mondo.
Il nostro movimento, infatti, può essere compiuto in sicurezza solo se ci percepiamo in un campo definito: più il confine è compatto, saldo e presente, più possiamo sviluppare doti come la predisposizione al cambiamento, l’empatia e il coraggio di rischiare.
Anche la recente esperienza Covid ha cambiato per alcuni la percezione del senso di sicurezza. Ciò che prima della pandemia era considerato un confine naturalmente valicabile come abbracciare un figlio o i propri amici, è diventato un vero e proprio segnale di pericolo immediatamente codificato come tale nel nostro sistema nervoso. Anche in questo caso, chi ha potuto contare su un Io sufficientemente flessibile e forte, ha attraversato indenne (o quasi) il concetto di distanziamento e di confinamento, senza aver avuto bisogno di mettere in atto i meccanismi di difesa (come l’esagerata apprensione attuata attraverso l’isolamento totale, o la negazione del pericolo, attuata attraverso la violazione delle norme). Insomma la nozione di confine è complessa: per confine dell’Io si intende sia una confine fisico che emozionale. E’ qualcosa che riguarda l’esperienza di sé e va rispettata.
Se l’io è in contatto con se stesso conosce il proprio limite invalicabile e non permette all’altro di violarlo. Un esempio di confine psicologico è dato dalle Leggi dell’Amore di Hellinger. Bert Hellinger (Costellazioni Familiari Sistemiche n.d.r.) sostiene che la Legge è più importante dell’amore stesso. Che vuol dire? Che in nome dell’amore non si possono violare i confini dell’altro e abusarne. Tipiche frasi di violazione del confine di un partner è, ad esempio, la frase “Ti amo troppo” oppure “Lo faccio per te”, oppure anche se sembra affettuoso, “Sei la mia metà”.
Mi riferisco a tutte quelle situazioni in cui il mio confine non è ben definito rispetto al tuo, sicché anziché essere due individui separati, ma comunicanti, si diventa un’unica poltiglia informe e traballante. Come una sorta di gelatina invischiante che si insinua nella relazione e non permette che ciascuno dei partner possa esistere senza l’altro.
Normalmente, in questi casi, avviene che uno dei due, sentendosi soffocare, inizi a tradire, senza però comunicare all’altro sinceramente i propri desideri di cambiamento rispetto al patto iniziale e dando per scontato che questa nuova situazione gli assicuri autonomia e nuova definizione di sé. Tale atteggiamento è di nuovo una violazione dei confini che l’altro ha posto nella fondazione della coppia. Trasgredirli senza comunicare il proprio (nuovo) senso di confine, significa non avere nessuna capacità di affermare se stessi, mantenendo così una dissociazione. Una parte dell’io finge di rispettare i confini morali, l’altro li viola costantemente in segreto.
L’idea di confine morbido, ma definito, è ben diversa. Si appoggia non sulla dissociazione, ma sul senso di unità e di coerenza tra ciò che sento e quello che faccio, non solo nei confronti di me, ma nella comunicazione con il mondo.
Diversamente resto sempre un bambino (o una bambina) alle prese con un genitore limitante. Devo liberarmene interiormente, per poter vedere l’altro come una persona intera, diversa da me, e definita nella sua totalità mentale ed emozionale. Questo mi permetterà di rispettarla e di non abusare del suo sentimento.
Per concludere, direi che il concetto di confine è:
- in riferimento ad un ambiente che mi contiene;
- ad un altro (altri) con cui mi relaziono;
- ad una percezione di me, comprese le frequenti distorsioni di cui ho bisogno di diventare cosciente.
Posso abolire la percezione del confine, o semplicemente, estenderlo, anche in riferimento allo spostamento dell’io su piani di coscienza più elevati, che inducono una capacità vibratoria delle cellule, come nel caso dei grandi mistici di tutti i tempi. Ma devo essere consapevole che poi, tornando nel mondo ordinario, mi serve una coscienza ordinaria, dotata di senso del pericolo e di percezione del confine fisico-emozionale.L’amore universale e incondizionato si può concepire negli stati di profondo contatto con la natura e con sé. Ma, in presenza, dell’altro, anche l’amore ha le sue Leggi , tra cui quella primaria del rispetto e della reciprocità, altrimenti l’Amore da incondizionato e universale, fa presto a diventare una carneficina.